Bosnia-Erzegovina: dinamiche e tensioni dopo il voto Onu su Srebrenica

Il recente voto all’Assemblea generale delle Nazioni unite, che ha ufficializzato l’11 luglio come Giornata internazionale della commemorazione del genocidio di Srebrenica, ha acceso nuovi riflettori sulle fragili dinamiche politiche e sociali della Bosnia ed Erzegovina (BiH). La risoluzione, approvata il 23 maggio 2024 con 84 voti favorevoli, 19 contrari e 68 astensioni, ha suscitato reazioni contrastanti a livello internazionale e ha portato in superficie le profonde spaccature che ancora caratterizzano il paese e la regione. Se ne era parlato in questo articolo su OSMED, sottolineando come una potenziale reazione di Dodik potrebbe portare a una (ennesima) crisi regionale che implicherebbe attori globali quali l’Unione europea, gli Stati Uniti e la Russia.

Il voto è stato rinviato diverse volte, probabilmente perché i promotori speravano d’ottenere una più ampia maggioranza a sostegno della risoluzione – che commemora le vittime senza menzionare direttamente i colpevoli del genocidio. Una maggioranza di circa due terzi dell’Assemblea non solo avrebbe rappresentato un segnale di coesione e convergenza internazionale sul massacro del 1995, ma sarebbe stata anche rispettata la prassi su questo tipo di voto che prevede la costituzione di larghe maggioranze per l’istituzione di giornate internazionali del ricordo.

Tombe delle vittime del massacro di Srebrenica. Fonte: Boell.de

La reazione della Republika Srpska e il ruolo di Milorad Dodik

Milorad Dodik, presidente della Republika Srpska (RS), costruisce il suo discorso politico anche sulla “scarsa” maggioranza che ha votato a favore della risoluzione cercando di favorire la creazione di nuove amicizie e alleanze politiche anche in Europa, come quella col primo ministro ungherese, Viktor Orban, unico leader europeo ad aver votato contro la risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu (Slovacchia, Grecia e Cipro si sono astenuti) e a cui Dodik ha fatto le congratulazioni per i risultati alle elezioni europee.

Come prevedibile, Milorad Dodik ha reagito duramente alla risoluzione, denunciando quello che considera un attacco alla dignità del popolo serbo. Noto per le sue posizioni nazionaliste e separatiste, Dodik ha visto nella risoluzione un tentativo di riscrivere la storia a scapito della comunità serba e ha ribadito la sua intenzione di promuovere l’autonomia della RS attraverso un referendumun’iniziativa politica per una “demarcazione pacifica” è stata annunciata entro i 30 giorni successivi al voto Onu. Questa retorica ha alimentato ulteriormente le tensioni etniche all’interno del paese, aggravate dall’organizzazione della prima Assemblea del popolo serbo (o “Consiglio panserbo”, a cui hanno partecipato serbi provenienti da tutti i Balcani), intitolata “Una nazione, un’assemblea – Serbia e Srpska”, tenutasi l’8 giugno sotto il coordinamento del patriarca Porfirije (Porfirio). Il risultato finale dell’Assemblea del popolo serbo è una dichiarazione in 49 punti in cui si enfatizza l’unità nazionale, la sovranità, la protezione della cultura (di cui la Chiesa serbo-ortodossa ne costituisce una parte importante), l’impegno per la pace, lo sviluppo economico e il rafforzamento della difesa nazionale; inoltre, promuove la solidarietà con i serbi all’estero e rifiuta qualsiasi interferenza straniera, sottolineando l’importanza di un’economia robusta e di una difesa forte per garantire la prosperità e la sicurezza del paese.

Dodik ha anche sfruttato l’occasione per rafforzare la sua base elettorale, adottando una posizione di forte resistenza contro le pressioni internazionali, consolidando così il supporto dei nazionalisti serbi dichiarando finita l’esperienza politica della BiH.

Impatto Geopolitico e Influenze Estere

La risoluzione delle Nazioni unite ha avuto un impatto significativo anche a livello geopolitico. La Serbia, alleata chiave della RS, ha criticato la decisione come un atto politicamente motivato e ha accusato l’Occidente di utilizzare la memoria storica per esercitare pressioni politiche. Aleksandar Vučić, presidente serbo, ha ribadito il suo sostegno a Dodik e ha espresso preoccupazione per la crescente pressione internazionale contro la Serbia e la RS.

Anche al di fuori dei confini della BiH il voto all’Assemblea generale e la reazione di Dodik hanno suscitato un dibattito nell’opinione pubblica e tra i partiti politici. Per esempio, in Montenegro, dove il 30% degli abitanti si identifica come serbo, c’è stato un intenso dibattito politico che ha implicato il governo in prima persona che, in sede di dibattito Onu ha proposto diversi emendamenti tra cui quello che enfatizza la natura individuale della responsabilità per i crimini commessi e ha provato a sottoporre un documento similare all’Assemblea per il riconoscimento dei crimini di Jasenovac (un campo di concentramento situato nella Croazia indipendente durante la Seconda guerra mondiale – documento poi ritirato a causa delle pressioni croate). Il voto ha portato anche a uno scandalo pre-elettorale in Bulgaria: il primo ministro ad interim, Dimitar Glavchev, ha fatto pressioni sull’ambasciatore bulgaro alle Nazioni unite affinché cambiasse la stance del paese per il voto – alla fine, il paese ha comunque votato a favore della risoluzione.

La Russia, che mantiene stretti legami con la Serbia e la RS, ha criticato la risoluzione, considerandola un tentativo di destabilizzare la regione e di limitare la sua influenza nei Balcani. Mosca vede in Dodik un alleato strategico per contrastare l’espansione dell’Unione europea e della Nato nella regione, e ha già promesso supporto politico ed economico alla RS. Dodik ha espresso la volontà di fare parte del gruppo dei Brics (probabilmente partecipando al vertice di ottobre) e ha inviato 90 atleti ai “Giochi sportivi Brics”.

Dall’altra parte, l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno espresso il loro sostegno alla risoluzione, vedendola come un passo importante verso la riconciliazione e la giustizia. Tuttavia, l’approccio morbido dell’Occidente nei confronti della Serbia ha sollevato critiche, con molti che ritengono che una posizione più dura potrebbe frenare le ambizioni nazionaliste di Dodik e Vučić.

Il voto all’Assemblea generale dell’Onu secondo una ricostruzione serba. Fonte: profilo X/Twitter di Milorad Dodik

Implicazioni per la Bosnia ed Erzegovina e prospettive future nei Balcani

Il voto dell’Onu ha sollevato critiche anche all’interno della BiH, con la Federazione bosniaca che ha accolto favorevolmente la risoluzione, mentre la RS l’ha vista come un attacco alla propria identità nazionale. La Federazione bosniaca, che rappresenta la comunità musulmana e croata del paese, ha visto nella risoluzione un riconoscimento della tragedia subita e un passo verso la giustizia per le vittime del genocidio.

Tuttavia, le tensioni tra le diverse comunità etniche sono state esacerbate dalla risoluzione: nei giorni successivi, Dodik ha spostato il giorno della festa nazionale della RS dal 9 di gennaio (data già oggetto di controversie perché diverso da quello della BiH) al 15 febbraio, lo stesso giorno della festa nazionale a Belgrado. Questo ha sollevato preoccupazioni sulla possibile frammentazione del paese e sul ritorno a un periodo di instabilità e conflitto.

Le implicazioni del voto dell’Onu vanno oltre i confini della Bosnia ed Erzegovina, influenzando l’intero equilibrio regionale nei Balcani. La crescente tensione tra la Serbia e la Bosnia ed Erzegovina, alimentata dalle politiche di Dodik, potrebbe destabilizzare ulteriormente una regione già fragile e minare gli sforzi di integrazione europea.

Ue e USA dovranno affrontare il compito difficile di mediare tra le diverse parti, promuovendo la pace e la stabilità, pur mantenendo una posizione ferma contro il nazionalismo e la secessione. Il futuro della Bosnia ed Erzegovina dipenderà in gran parte dalla capacità delle potenze internazionali di gestire le tensioni etniche e politiche e di promuovere una vera riconciliazione tra le diverse comunità.

In conclusione, la risoluzione dell’Onu sul genocidio di Srebrenica ha portato alla luce le profonde divisioni che ancora caratterizzano la BiH e l’intera regione balcanica. La reazione della RS e il sostegno della Serbia e della Russia a Dodik dimostrano quanto sia complessa la situazione geopolitica nei Balcani. Per evitare un ritorno ai conflitti del passato, sarà cruciale un approccio equilibrato e inclusivo da parte della comunità internazionale, che dovrà lavorare per promuovere la pace e la stabilità in una regione ancora segnata dalle ferite della guerra.

Marcello Ciola