Il 61enne docente di Diritto costituzionale all’università di Tunisi, Kaïs Saïed, domenica 13 ottobre ha vinto le elezioni presidenziali, diventando così il secondo Presidente della storia della Repubblica di Tunisia. Saïed è stato in passato membro del Comitato Costituzionale, l’organo che ha redatto la carta fondamentale tunisina nel 2014, dopo la caduta del regime di Ben Alì a seguito della rivoluzione dei gelsomini.
La sua è stata una vittoria netta, con il 72.7% dei consensi rispetto al 27% ottenuto dal suo sfidante, il magnate televisivo Nabil Karoui.
Il primo dato evidenziato da questo confronto elettorale, già emerso chiaramente dopo il primo turno, è stato il fallimento dei così definiti partiti tradizionali, come dimostrato dalla bocciatura del candidato del partito conservatore islamico Ennahda Abdelfattah Mourou, classificatosi terzo al primo turno. Il partito Nidaa Tunis, fondato dal defunto presidente Beji Caid Essebsi, non si è nemmeno presentato alle elezioni. Solo la sua ala dissidente ha espresso un proprio candidato, il quale però al primo turno ha ottenuto solo il 7% dei consensi.
Le ragioni del fallimento dei partiti tradizionali, del loro declino nel corso dell’ultimo anno e della loro progressiva frammentazione, vanno ricercate nel calo di fiducia dei tunisini nei confronti della classe politica che ha guidato il paese nella fase post-rivoluzionaria.
A pesare è stata soprattutto la forte crisi economica del paese, in alcune regioni ancora oggi drammatica. La popolazione, attraverso questo voto, ha dunque cercato di far sentire la propria voce chiedendo discontinuità oltre a misure economiche e sociali capaci di invertire il ciclo economico negativo.
In questo senso si può dire che quella di Kaïs Saïed è stata sicuramente una candidatura fuori dai normali canali politici, la quale non ha avuto il sostegno dei partiti politici tradizionali. La sua è stata una candidatura costruita in modo autonomo. Tale scelta è stata però la sua forza, che ha espresso evidenziandosi come elemento di discontinuità rispetto all’establishment, inserendosi nella frattura elite/popolo. Tuttavia nel corso della propria campagna elettorale, basata su molte promesse, Saïed ha rivendicato la sua posizione tradizionalista e conservatrice. Le proposte politiche del professore che più hanno riscosso consenso, oltre alla sua stessa figura e al fatto di rappresentare il “nuovo”, sono certamente legate al suo programma di riordino istituzionale del paese e a una nuova fase di politiche sociali ed economiche espansive.
Il decentramento e la democrazia diretta sono state le parole d’ordine da lui più usate e ciò per dare maggiore peso politico alle regioni più povere del paese e alle periferie. Le sue proposte nel corso della campagna elettorale sono state indirizzate soprattutto alle zone rurali e periferiche del paese, e si sono basate sulla promessa di sviluppare un adeguato stato sociale e di avviare politiche economiche capaci di creare posti di lavoro nelle regioni più povere, dove la disoccupazione è più alta della media nazionale. Ciò gli ha permesso di ottenere un grande consenso nelle aree più depresse del paese come dimostrato dai consensi ottenuti nelle province del sud del paese, dove la sua candidatura ha ottenuto oltre il 90% dei voti.
Per raggiungere gli obiettivi prefissati in campagna elettorale il nuovo presidente avrà però certamente bisogno di una maggioranza parlamentare che appoggi le sue politiche e questo è ancora un punto tutto da definire, nonostante la collocazione politica conservatrice del neo presidente sia molto vicina al partito Ennahda. La Tunisia dopo queste elezioni è certamente entrata in una fase politica nuova e le sue istituzioni democratiche sembrano uscire rafforzate da questo passaggio politico. Il neo Presidente Saïed si è presentato a queste elezioni come una personalità fuori dall’agorà della politica classica, attento nel mantenere le distanze dai partiti tradizionali, utilizzando un linguaggio nuovo, semplice e diretto. Il fulcro del suo progetto politico sono le rivendicazioni delle popolazioni più bisognose e una nuova struttura decentralizzata dello Stato.
Questa nuova fase non deve però illudere. I problemi del paese sono ancora molti come la scarsa crescita economica, l’alta disoccupazione – soprattutto giovanile -, l’emigrazione, la sicurezza interna e la stabilità dello Stato. Al neoeletto presidente i tunisini hanno rivolto le loro speranze, a lui, ora toccherà l’onere e l’onore di guidare il paese in questa complessa fase della sua storia.
Mohamed el Khaddar