Il 3 giugno 1989 moriva Ruhollah Khomeini, noto al popolo iraniano come l’“Imam Khomeini”, artefice della rivoluzione iraniana del 1979. Tale rivoluzione, passata alla storia come “islamica”, portò alla caduta del regime dello Shah Mohammad Reza Pahlavi – il cui regno iniziò nel 1941 e finì proprio nel 1979 – e alla nascita, per prima volta nella storia, di uno Stato islamico (sciita) sotto la guida del carismatico Khomeini.
Poco più di quarant’anni fa, gli iraniani furono chiamati a votare in un referendum per scegliere fra il ritorno alla monarchia o la creazione di una repubblica islamica. A seguito dello scrutinio, l’opzione repubblicana ottenne il 98% dei voti a favore, determinando così la nascita della Repubblica islamica dell’Iran, il 3 marzo 1979. A partire da quel giorno, l’Iran si è trovato a fronteggiare numerose sfide, sia a livello nazionale che internazionale, prima fra tutte la guerra contro l’Iraq – un conflitto durato circa otto anni, un test durissimo sia per il paese che per il suo nuovo leader. Khomeini riuscì infatti per otto anni a traghettare il paese attraverso un devastante conflitto, ma non sopravvisse all’accordo di pace – un “calice avvelenato” nella definizione dello stesso ayatollah. Il suo posto venne ereditato dall’allora presidente iraniano Ali Khamenei, esponente politico-religioso di rilievo che aveva appena ricevuto il titolo onorifico di hojatoleslam – letteralmente “prova dell’Islam” – passaggio necessario per essere nominato leader supremo del paese.
La storia dell’ayatollah Khomeini è stata raccontata da Alberto Zanconato in un libro, pubblicato nel 2018, dal titolo Khomeini, Il rivoluzionario di Dio. Il volume si apre con alcuni aneddoti circa la vita privata di Khomeini, per poi analizzare lo sviluppo della dottrina del governo islamico sotto una “Guida suprema” religiosa (Velayat-e Faqih, la “tutela del giurisperito”), e ripercorrere l’impatto di Khomeini sugli equilibri politici del Medio Oriente.
Attraverso un’analisi socio-politica della storia iraniana – dalla rivoluzione costituzionale del 1906 alla rivoluzione islamica del 1979 – l’autore si propone di analizzare una serie di realtà che avrebbero potuto contribuire a modificare la traiettoria e il destino del paese, focalizzandosi in particolare sulle rimostranze degli iraniani contro il potere assoluto. Il libro esamina, con molta cura, i punti oscuri della storia iraniana, grazie anche alle numerose interviste a personalità che hanno vissuto in maniera diretta il periodo della rivoluzione del ‘79. Oltre ad un contributo analitico sulle fonti, l’autore ha infatti condotto diverse interviste ad alcune figure minori della rivoluzione iraniana, come Anis Naccache (un militante libanese e convinto sostenitore di Khomeini) e Sa’ideh Pakravan (impiegata nell’ufficio culturale iraniano a Parigi durante l’esilio di Khomeini).
I dettagli contenuti in questo volume sono inediti rispetto ai libri pubblicati finora in lingua italiana da scrittori italiani. L’autore tocca diversi eventi storici attraverso il racconto della vita di Khomeini, dalla sua nascita – parlando anche delle sue origini indo-iraniane – fino alla sua morte. Il viaggio di Zanconato attraverso il personaggio e la vita di Khomeini esplora così vari momenti storici fondamentali nella storia contemporanea iraniana. Il punto focale è senza dubbio la rivoluzione islamica del ’79, ma non mancano analisi di altri eventi cruciali per il paese, sia sul piano nazionale che a livello internazionale. Secondo l’autore, infatti, la “doppia identità iraniana” – come orgoglio nazionale o identità persiana e come credenza religiosa sciita – si è progressivamente sviluppata dapprima con la secolarizzazione della dinastia pahlavia e il nazionalismo di Mosaddeq e poi, dal 1979, con il fenomeno dello sciismo come identità collettiva degli iraniani.
Sono pochi gli iraniani che conoscono bene la vita e il percorso personale di Khomeini dagli inizi fino a quando diventò il leader supremo. Della sua vita amorosa si sa che si sposò con una ragazza di quindici anni che conosceva perfettamente la lingua francese, che fu costretta a congiungersi con Khomeini per il bene della famiglia e trasferirsi a Qom.
Oltre a questi dettagli privati, il libro esamina le diverse personalità che hanno maggiormente contributo al percorso di Khomeini come leader rivoluzionario: Sadeq Qotbzadeh, l’ayatollah Shari’at Madari, Abolhassan Banisadr e l’ayatollah Hossein Montazeri, – figure che sono state eliminate o estromesse dal potere poiché criticavano la deviazione dagli obiettivi originari della rivoluzione. Attraverso questa rassegna, Zanconato ripercorre il percorso dell’Iran rivoluzionario: da una repubblica votata alla giustizia sociale e ai diritti civili a un regime islamico che invoca la sharia – la legge coranica – per perseguire per lo più interessi privati e che è progressivamente divenuto aggressivo e autoritario.
Secondo Zanconato, Khomeini non sarebbe potuto arrivare al potere senza il sostegno e l’alleanza con i tre schieramenti principali che si opponevano alla monarchia Pahlavi: i marxisti (in particolare i Toudeh e i Mojahedin-e Khalq e Fadain-e Khalq), i nazionalisti religiosi (come il Fronte nazionale), e persino alcuni gruppi laici che vedevano in Khomeini un leader necessario per promuovere la rivolta popolare. Gli ideologi e gli intellettuali di questi gruppi non avevano in effetti mai letto i testi Khomeini, come ad esempio quelli sullo Stato Islamico Hokumat-e Eslami o sul concetto di Velayat-e Faqih. Tali concetti furono in effetti raramente citati da Khomeini durante il suo esilio – prima in Iraq e poi in Francia. Difatti, come nota Zanconato, la parola più utilizzata da Khomeini, soprattutto nelle sue interviste rilasciate a giornali stranieri, era “libertà”. Tuttavia, la libertà nel pensiero di Khomeini non si riferisce a valori democratici, ma a valori religiosi islamici. Ad ogni modo, questa “libertà totale” durò meno di un anno e si interruppe con il programma della rivoluzione culturale (islamizzazione forzata del paese), che ha avuto luogo dal 1980 al 1982.
La guerra tra Iran e Iraq (1980-1988), che provocò la morte di milioni civili, rappresentò una grande occasione per Khomeini e i suoi seguaci per eliminare gli oppositori e creare uno Stato teocratico e fortemente ideologizzato, con la vocazione a “esportare la rivoluzione” in altri paesi musulmani. Dopo otto anni di guerra la Repubblica islamica non era più semplicemente un modello di Stato islamico a livello nazionale, ma aveva ormai diversi ammiratori al di là dei propri confini.
Khomeini, Il rivoluzionario di Dio è stato criticato da diversi iraniani, secondo i quali l’autore ha dato troppo rilievo al personaggio di Khomeini rispetto ad altre figure della rivoluzione iraniana. Il libro di Zanconato contribuisce tuttavia ad ampliare l’orizzonte conoscitivo dei lettori – iraniani e non – e le interviste condotte dall’autore rendono l’indagine originale. Il libro passa in rassegna diverse domande che attanagliano gli iraniani – soprattutto le nuove generazioni, uomini e donne nati e cresciuti in un regime teocratico che oggi chiedono ai loro genitori per quale motivo abbiano sostenuto o tollerato la rivoluzione.
Shirin Zakeri
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