I Madkhali-Salafis sono i seguaci di una dottrina musulmana sunnita ultra-conservatrice che si sta diffondendo in tutta la Libia. Presenti nei principali gruppi armati, sia sul fronte del Governo di accordo nazionale (Gna) che su quello dell’Esercito nazionale libico (Lna), esercitano una notevole influenza militare e, di conseguenza, finanziaria su entrambi i governi rivali che si fanno la guerra dal 2014.
La loro ascesa nel settore della sicurezza segue un modello comune alle altre fazioni militari libiche, islamiste e non, che hanno cercato di espandere la loro influenza penetrando l’apparato di sicurezza e convertendo i propri membri. Il loro rifiuto della democrazia e della diversità religiosa e culturale stanno suscitando, negli ultimi mesi, una crescente apprensione negli altri attori presenti nel paese.
La crescita del salafismo, parte di una più ampia trasformazione e riconfigurazione dell’islamismo, è un sottoprodotto delle tendenze socioeconomiche e politiche. All’interno del salafismo una particolare corrente viene definita “quietista”, così chiamata a causa del suo astensionismo nella politica attiva e della sua ossessiva lealtà verso i sovrani in carica. Sebbene non esistano cifre concrete, molte ricerche suggeriscono che la corrente “quietista” stia crescendo in tutto il Maghreb, in particolar modo in Algeria e Libia. Come dimostrato dal caso libico, i “quietisti” si stanno affermando sempre più nella sfera politica e sociale.
L’ascesa di questo movimento è stata favorita da una serie di fattori. Il primo è il supporto educativo e materiale saudita; in secondo luogo, i quietisti in Libia hanno beneficiato della frammentazione politica e istituzionale del paese e del vuoto di sicurezza. Ma forse il fattore più importante per la loro crescita è stato il fascino della narrativa trionfalista in risposta alla delusione seguita alla Primavera araba. Secondo i quietisti, protestare e ribellarsi contro i sovrani è stato sia un errore strategico che una deviazione dell’islam che ha portato al caos totale.
La dimensione pro-autoritaria del salafismo quietista ha ricevuto un forte impulso dagli insegnamenti di un teologo saudita, Rabee bin Hadi al-Madkhali, che insegnava all’Università islamica di Medina, una delle istituzioni fondamentali per la propagazione dell’islam salafita saudita. L’ascesa di al-Madkhali era parte di un’ampia spinta governativa per contrastare il ruolo dei salfiti “attivisti” influenzati dalla Fratellanza musulmana, la cui politicizzazione e critica alla famiglia Al-Saud era considerata pericolosa per la monarchia del Golfo. Eppure, nonostante questo sostegno, al-Madkhali non ha mai raggiunto una popolarità diffusa nel Regno saudita. Il Madkhalismo divenne, piuttosto, un progetto missionario saudita per aumentare l’influenza in Europa e nel Nord Africa.
Tollerato da Muammar Gheddafi prima del 2011, in Libia ha guadagnato un ampio seguito da quando, nel 2014, è iniziato l’attuale conflitto civile che attanaglia il paese.
Il particolare marchio ideologico dei Madkhalis – fortemente contrario sia agli islamisti politici violenti che non – li ha resi alleati nella lotta allo Stato islamico al fianco delle truppe statunitensi nel 2016 ma, allo stesso tempo, ha approfondito una delle divisioni nel conflitto libico tra sostenitori e detrattori della Fratellanza musulmana. Nonostante il loro impegno a dare vita a una comunità coesa di credenti, i Madkhalis si sono scontrati con l’iperlocalismo e la frammentazione del paese nordafricano. Vi sono prove di coordinamento e cooperazione tra differenti gruppi: la loro ideologia consente di trascendere le divisioni tribali, etniche e regionali. Ma ci sono anche sottili divisioni. Nell’est controllato da Haftar, ad esempio, ci sono dei disaccordi: alcuni Madkhalis non seguono il feldmaresciallo ma piuttosto la Camera dei rappresentanti con base a Tobruk e il suo portavoce Aguila Saleh Issa. Altri ancora non seguono la guida di Rabee al Madkhali, ma un altro teologo saudita, Mohammed bin Hadi al-Madkhali.
Nella capitale Tripoli, i combattenti Madkhalis sono ben rappresentati nei principali gruppi armati che hanno lavorato al fianco del Gna con il compito di garantire sicurezza e ordine nella capitale. La loro lealtà è stata premiata con promozioni alle più alte cariche istituzionali. Controllano ed esercitano un’influenza significativa su alcune delle strutture e istituzioni chiave, come gli ingressi all’aeroporto internazionale di Tripoli e Mitiga. Una milizia in particolare, la Quwat al Radaa al Khasaa (Radaa), guidata da Abdul Rauf Kara, che vede al proprio interno molti salafiti, ha guadagnato notorietà per la gestione di una prigione e centro di riabilitazione teologico per jihadisti e criminali. La sua azione sembrerebbe essere ispirata alla polizia religiosa saudita, focalizzata sul rafforzamento dei costumi e della moralità religiosa. Tuttavia, è stata accusata di far parte di una rete criminale, che comprende altre milizie come le Brigata rivoluzionaria di Tripoli guidata da Haitham al-Tajouri, che per ottenere influenza e guadagni ricorrono ad estorsioni, rapimenti e abusi.
Mentre la presenza maggiore è concentrata a Tripoli e Bengasi, la loro influenza si è estesa anche ad altre città. I Madkhalis svolgono un ruolo chiave a Sirte, Kufra e Sabratha. Secondo i residenti di Zawiya i salafiti controllano almeno l’80% delle moschee della capitale.
Il 30 aprile scorso, un gruppo di ribelli ha costretto alla chiusura l’ufficio dell’Awqaf (Autorità generale per le dotazioni religiose e gli affari islamici) del Gna nella città di Zawiya. Alcuni giorni dopo chiudevano altri uffici nelle città di Khoms e Zliten. Il giorno prima, il Grand Mufti della Libia, Sadiq al-Ghariani, era apparso in tv condannando l’Awqaf e accusandola di essere fedele al nemico al-Madkhali. In questo contesto, la decisione del Gna di nominare nel 2018 il noto salafita Mohamed al-Abbani a capo dell’Awqaf pare abbia aperto una nuova ferita nel conflitto libico. Al-Abbani ha sostituito Abbas Ghadi, alleato di Ghariani. Il controllo dell’Awqaf significa gestire enormi risorse finanziarie e avere il diritto di nominare candidati in molti consigli di amministrazione di banche e istituzioni finanziarie. Per questo motivo, la nomina di Abbani è stata molto criticata dai detrattori dei salafiti.
La retorica della campagna di Haftar, guerra al terrorismo e ai Fratelli musulmani, ha animato i salafti quietisti e il loro desiderio di espansione. I gruppi armati Madkhalis nella regione orientale si sono uniti all’Lna di Haftar dal 2014 in poi, diventando un elemento fondamentale nel suo tentativo di conquistare il potere. Nel 2016, al-Madkhali ha rilasciato una fatwa dichiarando il suo sostegno a Khalifa Haftar e alla missione lanciata dal signore della guerra per eliminare dalla Libia i Fratelli musulmani, che lo stesso al-Madkhali ha definito “più pericolosi di ebrei e cristiani”. Mentre il feldmaresciallo libico stava cercando di far valere le sue credenziali nella lotta all’estremismo islamico, si affidava ai combattenti Madkhalis, che venivano spesso descritti come i suoi “uomini più ostinati” e “la spina dorsale delle sue offensive”. L’influenza della corrente Madkhali all’interno dell’Lna è stata evidente anche in occasione della visita in Libia nel 2017 di Osama al-Otaibi, predicatore saudita del madkhalismo. Nell’aprile del 2019, Rabee al-Madkhali ha rilasciato una registrazione vocale in cui chiedeva ai salafiti in Libia di unirsi a Khalifa Haftar nella sua lotta per la conquista di Tripoli.
Al di là dell’affidamento militare ai combattenti Madkhalis, Haftar ha anche mostrato una propensione a conferire loro autorità culturale e religiosa nei territori sotto il proprio controllo: gli imam Madkhalis hanno iniziato a predicare nelle moschee delle città orientali.
La crescita del Madkhalismo, a causa della sua somiglianza ideologica con i jihadisti salafiti rappresenta una seria minaccia alla creazione di uno stato civile stabile, inclusivo e pacifico.
In effetti i Madkhalis, l’Isis e Al Qaeda condividono alcuni principi. Ma non c’è quasi nessuna prova di una possibile alleanza fra questi gruppi. Ciò che rende problematico il Madkhalismo in Libia è il suo aspetto coercitivo: l’uso della forza da parte dei militanti salafiti contro oppositori religiosi e politici è talvolta legittimata in nome della lotta al terrorismo. Ciò è un chiaro sintomo delle patologie che hanno tormentato la Libia sin dalla rivoluzione del 2011, ovvero la mancanza di uno stato centrale e di istituzioni funzionanti e la sempre più agguerrita lotta per l’accesso alle risorse petrolifere.
Allo stesso modo, l’interferenza straniera ha giocato un ruolo importante: dal 2011, gli attori regionali rivali hanno supportato le fazioni armate secondo linee islamiste, siano esse affiliate alla Fratellanza musulmana o meno, e questo ha sicuramente plasmato il panorama religioso. Il supporto ai Madkhalis segue un modello ispirato dagli Emirati Arabi e dall’Arabia Saudita, in base al quale vengono sostenuti attori religiosi politicamente quietisti al fine di contrastare islamisti appartenenti a gruppi come la Fratellanza musulmana. L’allineamento di alcuni Madkhalis con il modello autoritario di Haftar sottolinea ulteriormente l’utilità di questa corrente di salafismo per i suoi sostenitori arabi. Anche i paesi occidentali hanno svolto un ruolo fondamentale: i diplomatici stranieri, compresi quelli appartenenti alle Nazioni unite, e le compagnie straniere hanno tacitamente sostenuto o tollerato gruppi armati come i Madkhalis perché supportavano il fragile governo di Tripoli e perché agivano come delegati locali delle potenze occidentali contro il terrorismo jihadista.
I sospetti che dietro di essi ci sia l’Arabia Saudita sono sempre maggiori, anche se non esistono prove inconfutabili di ciò, a parte la nazionalità saudita di al-Madkhali e i suoi buoni rapporti con la monarchia del Golfo. Sta di fatto che Riad è schierata al fianco di Haftar ed è, insieme a EAU ed Egitto, la base della lotta contro i Fratelli musulmani. Due caratteristiche che appartengono ai militanti Madkhalis presenti in Libia.
È interessante notare anche l’atteggiamento egiziano nei confronti dei Madkhalis. Sebbene il Cairo dia prova di pragmatismo nel collaborare con le brigate pro-Haftar, dato il loro orientamento contrario alla Fratellanza, va notato che la leadership egiziana tende a considerare qualsiasi gruppo fondamentalista come un pericolo per il proprio modello statuale. A dire il vero, l’Egitto preferirebbe che la Libia fosse governata rigorosamente da militari senza nessun sostegno salafita alle spalle. Nonostante il disagio egiziano, il salafismo quietista si dimostra tuttavia un utile alleato nella battaglia ideologica nell’intera regione.
Mario Savina