La vittoria delle elezioni l’8 settembre 2021 da parte del Rassemblement national des indèpendants (Rni), guidato da Aziz Akhannouch, è arrivata con percentuali inaspettate. Di converso, la pesante sconfitta del partito che ha governato il paese negli ultimi dieci anni, il Justice et du dèveloppement (Pjd), è stata una chiara indicazione dell’elettorato marocchino circa la volontà e la necessità di cambiamento della politica domestica: più vicina ai temi sociali ed economici.
La maggioranza al governo è formata dal Rni, che esprime il Primo ministro, dal partito Authenticitè et Modernitè (Pam) e dall’Istiqlal (PI). La composizione della compagine di governo non è ideologicamente omogenea. I partiti Rni e Istiqlal hanno una storia aderente al campo liberale con impronta di centro-destra, quindi vicino alla classe media. Il partito Pam deriva, invece, dalla sfera di centro-sinistra, riformista e in aperta opposizione con i partiti che si rifanno all’Islam politico. Fondato nel 2008 da Fouad Ali El Himma, tale partito è vicino alla famiglia reale e nasce proprio per limitare la crescita del partito islamista Pjd.
Nella prima parte della legislatura, il governo ha beneficiato della debolezza delle opposizioni all’interno del contesto politico. Il Pdj, che ha raccolto il 5% nell’ultima tornata elettorale, assieme al Progrès et du Socialisme (Pps), Socialiste Unifié (Psu) e all’Union Socialiste des Forces Populaires (Usfp) formano la minoranza parlamentare. I partiti di opposizione si sono mossi in direzione diverse e con obiettivi discordanti, con una scarsa efficacia in termini di azione politica. Il 12 e il 13 maggio 2022 le opposizioni si sono incontrate per due giorni di confronto. Ai colloqui erano presenti i segretari dei quattro partiti: Driss Lachgar, dell’Usfp, Mohand Laenser, del Parti du Mouvement populaire, Nabil Benabdallah, capo del Pps, e Abdelilah Benkirane, segretario generale del Pjd. Da questo confronto, tuttavia, non è uscita nessuna decisione degna di nota. Difatti, l’appuntamento doveva essere utile ai fini di una migliore organizzazione dei partiti di minoranza, della costruzione di un coordinamento e di una linea comune per poter affrontare con più decisione i lavori parlamentari. Tuttavia, l’attesa della nascita di un blocco parlamentare coeso è stata delusa dal mancato accordo.
La mancanza di dialogo e le difficoltà a trovare punti in comune hanno avuto conseguenza in termini di malcontento popolare. Importanti proteste hanno coinvolto nel mese di febbraio Rabat, Casablanca e Tangeri. Anche il sindacato Confederale democratico dei lavoratori (Cdt), tra i più rappresentativi nel paese maghrebino, nello stesso periodo ha mobilitato la propria base sociale. Le proteste avevano come obiettivo le condizioni economiche sempre più difficili e la paralisi dell’esecutivo nell’affrontare sfide e prendere decisioni.
Le recenti tensioni sociali comunque devono essere inquadrate all’interno di una situazione domestica ed internazionale mutata nel giro di un anno. Nel 2021 l’economia marocchina era cresciuta in maniera costante e per certi aspetti con risultati migliori dei vicini regionali. La contrazione dell’economia nazionale nell’anno della pandemia è stata superata con successo. I fattori di questo rimbalzo sono legati alla ripresa delle esportazioni, al raccolto di cereali dopo anni di siccità, al rilancio della produzione industriale e alle rimesse della comunità marocchina residente all’estero. Anche l’agenzia internazionale finanziaria Moody’s ha confermato la stabilità dei conti pubblici di Rabat. Nel dettaglio, nel 2021 la crescita del Pil è arrivata al 7.2%, mentre di tutt’altro segno è stimata la crescita nell’anno corrente. Infatti, secondo la Banca mondiale, nel 2022 il Pil non supererà l’1.1%, mentre per Bank Al-Maghreb non andrà oltre lo 0.7%. Sempre nel 2021 l’inflazione è rimasta inchiodata all’1.4%, un dato stabile che ha permesso al paese di agganciare la crescita.
Per l’anno corrente il tasso di inflazione è arrivato al 5.3%, con punte del 6.5% nel mese di luglio. L’aumento dei prezzi alimentari, cresciuti del 12% e dei trasporti del 18%, ha reso la vita insostenibile per molti cittadini. Il tasso di disoccupazione, secondo l’Haut-Commissariat au Plan, nel 2020 si attestava all’11.9% , nel 2021 è aumentato al 12.3%, per poi stabilizzarsi nell’anno in corso. Il rallentamento economico in atto è stato aggravato dalla straordinaria siccità che ha colpito la regione. Lo stress idrico che vive il paese si ripercuote sull’agricoltura: il 40% della popolazione lavorativa è impegnata proprio in questo settore, che rappresenta il 4 % del Pil. Secondo i dati di Bank Al-Maghreb, per il 2022 il regno avrà un raccolto di grano non superiore ai 32 milioni di quintali. Generalmente il paese ne produce 70 milioni e ne importa 50. Negli anni precedenti Rabat importava parte del proprio fabbisogno per il 32% dall’Ucraina e per il 17% dalla Russia. La guerra scoppiata proprio tra i due paesi spinge il Marocco alla ricerca di compensare la propria domanda sui mercati internazionali a prezzi nettamente maggiorati. Per mitigare gli effetti economici sulla popolazione, il governo è corso ai ripari varando una serie di riforme. A febbraio l’esecutivo ha stanziato un pacchetto economico del valore di 936 milioni di euro a favore del settore agricolo. A marzo sono stati 200 milioni di euro stanziati per il settore dei trasporti. Il 30 aprile è stato siglato uno dei più importanti accordi sociali tra governo e sindacati per l’aumento del salario minimo. Sempre sul versante economico, il governo di Aziz Akhannouch ha varato due importanti riforme, cavalli di battaglia durante la campagna elettorale. Awarsh e Forsa sono due programmi destinati al mondo del lavoro, l’occupazione e l’impresa. Il sostegno all’imprenditoria ha significato creare un fondo di 120 milioni di euro. Il programma ha lo scopo di sostenere gli investimenti in settori strategici per il governo, un sostegno che diventa più cospicuo nelle regioni più disagiate del paese. L’obiettivo è finanziare 10.000 progetti entro l’anno. Nel mese di agosto è stato accelerato il percorso di esame delle domande arrivate all’autorità preposta, in modo da finanziare quanto prima i progetti vincitori. Il programma Awarsh, destinato all’occupazione, ha l’ambizione di creare 250.000 nuovi posti di lavoro. Promesso in campagna elettorale dal Rni, il governo mira al raggiungimento di un milione di nuovi occupati entro la fine della legislatura. Il programma si basa su un fondo di 200 milioni di euro, che attraverso importanti investimenti cantieristici, tra il 2022 e il 2023, intende centrare l’obiettivo.
In questo contesto, il primo anno di legislatura per il nuovo governo marocchino non è stato semplice. La reputazione del premier Akhannuch, ritenuto “troppo” vicino alla famiglia reale e accusato di conflitti d’interesse, non è stata d’aiuto nel suo tentativo di avvicinamento alle classi più bisognose del paese. Difatti il presidente è il principale azionario dell’Holding “Akwa Group” di cui fa parte la figliare Afriquia, la più importante catena di distribuzione di carburanti del regno. Anche la comunicazione dell’esecutivo, e del Primo ministro in generale, è stata poco politica e spesso tecnica, a causa della natura stessa della formazione di un governo in parte tecnocratico. In seno al governo i malumori non sono mancati. Il partito Istiqlal di Nizar Baraka ha preso una certa distanza dal presidente. La critica di un mancato coordinamento del governo e una certa “libertà” di azione di alcuni ministri, che sembra attuino la propria agenda politica a discapito del programma di governo, ha aperto la crisi di agosto che ha necessitato dell’intervento del re Mohammad VI. Da una parte, chiedere il rimpasto di governo da parte dei partiti di minoranza, come fatto dal Pam, è stata una resa dei conti interna al governo vista l’insoddisfazione mostrata da questi per i ministeri a loro concessi. Dall’altra, il governo ha beneficiato del ruolo minimale dell’opposizione. Nei fatti, nel paese è mancata un’alternativa politica credibile. L’incapacità delle forze di opposizione anche durante gli incontri di maggio di arrivare ad una formazione comune è significativa della divisione interna in parlamento. Nella sostanza degli eventi, il vuoto lasciato è stato colmato dai sindacati, dai movimenti sociali per i diritti dell’uomo, delle donne e dei giovani nel muovere una critica al governo di Rabat. Il recente sondaggio di Yassine Benargane per la testata Yabiladi riporta una grande insoddisfazione dei giovani verso la politica: l’86% dei giovani intervistati è insoddisfatto dell’offerta nel paese. Infine, come già detto, il Marocco vive una stagione economica segnata da una forte frenata: le cause sono legati sia a fattori interni che internazionali di difficile soluzione nel breve termine. Il governo attraverso importanti riforme economiche e sociali ha provato a dare una risposta alle richieste di aiuto che arrivano soprattutto dal basso. Tuttavia, l’inflazione a livelli record rischia di rendere inique alcune misure economiche dell’esecutivo. In tal senso, è stato fatto un grande passo in avanti nell’attuazione della riforma della sanità che ha l’obiettivo di dare la copertura sanitaria e sociale a milioni di cittadini marocchini. In definitiva, il governo Akhannuch in questa fase sembra temere più le piazze e parte della propria maggioranza che l’opposizione parlamentare.
Mohamed El Khaddar