Nell’ultima settimana del mese di agosto si sono verificate ampie ondate di proteste e scioperi nelle aree controllate dal governo nel sud della Siria, con la richiesta da parte dei manifestanti di rovesciare il presidente Bashar al-Assad.
Queste manifestazioni hanno avuto luogo principalmente nella città meridionale di Swedia, dove i manifestanti hanno bloccato le strade provinciali, chiuso gli uffici governativi e rimosso i ritratti di Assad dagli edifici pubblici. È importante notare che questa provincia, che ospita gran parte della minoranza drusa, è rimasta sotto il controllo del governo sin dalla rivolta siriana del 2011. Le manifestazioni di agosto rievocano i primi giorni delle rivolte, prima che le forze di Assad reprimessero brutalmente la nascente ribellione e trascinassero il paese in una guerra civile. L’uso dello slogan “Al-shaab yurid isqat al-nizam” (“il giovane vuole rovesciare il regime”) è emblematico in questo lungo periodo di proteste nel mondo arabo, culminato nell’ultimo decennio nel movimento delle Primavere arabe.
Durante la guerra civile siriana, il governo di Assad è riuscito a riprendere il controllo di circa due terzi del paese, grazie principalmente al sostegno della Russia e dell’Iran. Questi due attori hanno svolto un ruolo chiave nel rafforzare il regime di Assad e nel consolidare il suo controllo su importanti aree del paese. Dopo dodici anni di conflitto, le sanzioni imposte dall’Occidente hanno avuto un impatto significativo sull’economia; inoltre, il crollo del sistema bancario nel vicino Libano e la recente invasione della Russia in Ucraina hanno ulteriormente aggravato la situazione economica siriana, accrescendo l’instabilità interna e internazionale di Damasco.
I motivi principali che hanno portato, ancora una volta, i manifestanti a scendere in piazza contro il governo sono legati all’aumento dei prezzi del carburante e alla rabbia per la corruzione economica e la cattiva gestione del sistema sociopolitico. Nonostante il governo di Damasco abbia fatto appello diverse volte ai manifestanti per chiedere l’immediata cessazione delle proteste, queste sono cresciute senza sosta in tutto il sud della Siria.
Inoltre, nonostante le promesse di stabilità in Siria durante la campagna elettorale, la rielezione di Assad nel 2021 non è comunque riuscita a risolvere molte delle sfide economiche che affliggono il paese, incluse l’alta inflazione e la corruzione.
Il terremoto del 6 febbraio 2023 ha rappresentato un ulteriore colpo per la già precaria situazione domestica, con effetti devastanti anche di lungo termine sulle infrastrutture e sull’economia di un paese già indebolito dalla guerra civile e dalla crisi economica. Negli ultimi mesi, il governo siriano ha cercato di normalizzare il suo status internazionale, con il rientro nella Lega araba e il miglioramento delle relazioni con i paesi limitrofi, sebbene il controllo effettivo del governo sul territorio sia rimasto fortemente frammentato.
In questo contesto, considerando che molti siriani vivono ancora con le conseguenze del terremoto, con un elevato numero di persone sfollate – soprattutto nel nord, al confine con la Turchia –, stipate in alloggi inadeguati e con un accesso insufficiente alle risorse essenziali, la sensazione di insoddisfazione generale contro il governo è perfino aumentata.
L’importante sostegno da parte della popolazione drusa e di altri gruppi locali come i beduini alle manifestazioni in Siria ha aggiunto un elemento significativo alla dinamica delle proteste. La popolazione drusa, sebbene rappresenti solo il 3% della popolazione totale della Siria, ha una presenza storica e influente all’interno del regime di Assad, specialmente nell’apparato di sicurezza. Il suo sostegno alle proteste dimostra che la crescente insoddisfazione non si limita ad un gruppo etnico o religioso specifico, ma è condivisa da varie comunità.
Al contempo, le autorità siriane hanno invece dichiarato che il collasso dell’economia sia dovuto alle sanzioni occidentali – soprattutto in seguito alla condanna del regime di Assad per crimini di guerra e per il coinvolgimento nel traffico di droga, sia a livello regionale che internazionale.
A metà agosto il governo siriano ha raddoppiato gli stipendi e le pensioni del settore pubblico per la prima volta in quasi due anni, tagliando però i sussidi per il gas. Nell’immediato i prezzi del diesel sono aumentati del 180%, per poi salire ulteriormente del 45% dopo due settimane. Il valore della moneta siriana è crollato ai minimi storici, raggiungendo ad agosto le 15.500 sterline per dollaro: prima della guerra, il tasso di cambio si attestava a circa 47 sterline per dollaro.
Non è la prima volta, comunque, che si sono verificate proteste nelle città di Daara e Swedia: un’altra sommossa, nel dicembre del 2022, era stata organizzata per gli stessi motivi. La provincia è stata testimone anche di sporadiche manifestazioni, negli ultimi anni, per denunciare la corruzione e il declino economico del paese. I media statali siriani hanno definito i manifestanti “fuorilegge”, accusandoli di aver bruciato fascicoli e documenti ufficiali nell’ufficio del governatore. Le proteste nelle città di Daara e Swedia, così come il coinvolgimento della comunità drusa, evidenziano comunque una tendenza di persistente insoddisfazione e mobilitazione all’interno della provincia e in altre aree della Siria. Le sommosse dell’anno passato avevano già segnalato le preoccupazioni della popolazione locale per la corruzione, il declino economico e la mancanza di riforme significative da parte del governo siriano. Il coinvolgimento della comunità drusa residente a Swedia, che era stata in gran parte isolata dal conflitto in Siria negli ultimi anni, suggerisce che le preoccupazioni economiche e politiche stanno portando nuovi settori della popolazione a unirsi alle proteste, sollevando nuove speranze per i siriani che si oppongono ad Assad.
Ad oggi le proteste sono diventate maggiormente politiche, con crescenti richieste di implementazione della Risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, che richiede sostanzialmente un trasferimento di potere da Assad a un nuovo governo. All’interno degli slogan urlati dai manifestanti sono state citate anche le diverse nazioni coinvolte nella politica interna siriana. Su uno striscione di protesta a Swedia contro l’aggressione russa, è stato scritto: “I siriani e gli ucraini stanno soffrendo per gli stessi assassini” o “Le nostre richieste: che il regime, l’Iran e l’America se ne vadano”. In alcuni canti Assad è poi accusato di essere coinvolto nella produzione di Captagon, riferendosi al ruolo del regime nel dilagante traffico di droga.
Sebbene sia difficile aspettarsi un cambiamento a breve termine nell’apparato governativo siriano o le dimissioni di Assad, le crescenti proteste nelle aree tradizionalmente fedeli al regime potrebbero comunque esercitare una certa pressione per aprire la strada a possibili riforme all’interno del sistema.
Shirin Zakeri