In occasione del quattordicesimo summit dei rappresentanti dei Brics a Pechino tenutosi a fine giugno 2022, l’Iran ha richiesto l’adesione al gruppo formato da Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, con il sostegno di Pechino e Mosca – che considerano Teheran un importante mercato emergente alternativo all’Occidente. In quel momento i Brics – nati come gruppo di paesi con economie emergenti – rappresentavano oltre il 40% della popolazione mondiale e circa il 26% dell’economia globale. Quasi un anno dopo, il 24 agosto, l’Iran e altri cinque paesi – Argentina, Egitto, Etiopia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti – sono stati invitati ad aderire al raggruppamento. Uno degli argomenti centrali del vertice è stata l’aspirazione del blocco verso la de-dollarizzazione, recentemente sostenuta dal capo della Nuova banca di sviluppo Brics (Ndb Brics).
Dal 1979, con la caduta della monarchia dei Pahlavi e la fondazione della Repubblica islamica, l’Iran ha vissuto costanti tensioni con l’Occidente e la sua economia è stata paralizzata da numerose sanzioni, da ultimo quelle imposte, a partire dal 2018, dall’amministrazione statunitense di Trump, anche in seguito alla fuoriuscita degli Stati Uniti dal Piano d’azione congiunto globale (Jcpoa) del 2015 sulle attività nucleari iraniane.
Nonostante l’Iran detenga circa un quarto delle riserve petrolifere del Medio Oriente, ad oggi si caratterizza per un’economia molto fragile e sofferente, proprio a causa delle molte sanzioni e dell’isolamento dal mercato internazionale. L’inflazione, che si attesta attualmente ad oltre il 60%, ha causato negli ultimi anni un indebolimento della classe media e un aumento esponenziale della povertà. L’amministrazione dell’attuale presidente Ebrahim Raisi, inoltre, si è dovuta confrontare con la crisi interna dovuta a diverse proteste, le ultime delle quali a seguito delle vicende del settembre 2022 relative alla morte della giovane Mahsa Amini, arrestata e poi deceduta mentre era in custodia della polizia morale “Gasht-e Ershad”. Una rivolta, questa, portata avanti dai giovani e soprattutto dalle donne, che rivendicavano maggiori diritti.
La recente inclusione tra i Brics ha rappresentato una vittoria diplomatica per l’Iran, paese internazionalmente isolato a causa della sua brutale repressione nei confronti dei manifestanti, per i progressi nel settore della produzione nucleare e per il tacito sostegno alla guerra della Russia contro l’Ucraina.
Nell’estate 2023, al quindicesimo vertice dei Brics in Sud Africa, il presidente Ebrahim Raisi ha annunciato l’espansione dell’alleanza, sostenendo che “il mondo ha bisogno di convergenza per costruire un sistema giusto basato su interessi collettivi, e i Brics sono considerati un simbolo di tale cambiamento ed evoluzione nelle relazioni globali”. Mohammad Jamshidi, vice capo dello staff per gli affari politici del presidente iraniano, ha affermato che la piena adesione dell’Iran ai Brics è uno “sviluppo storico” e un “successo strategico” per la politica estera della Repubblica islamica, riferendo inoltre che occorre sostenere gli sforzi del blocco per abbandonare l’uso del dollaro statunitense per le transazioni commerciali internazionali.
In Iran, il quotidiano ultra-fondamentalista “Kayhan” ha pubblicato la notizia in copertina, con il titolo “Senza Jcpoa e Fatf: l’adesione dell’Iran ai Brics è un colpo alle sanzioni statunitensi”. Nel frattempo, la reazione in prima pagina del quotidiano “Javan”, legato alle Guardie rivoluzionarie (Sepah-e Pasdaran), ha confermato trionfalmente la percezione della leadership iraniana di un nuovo ordine globale emergente, titolando: “Saluti al Nuovo mondo”. Ciononostante, alcuni studiosi e analisti iraniani si sono espressi contro l’idea che le sfide economiche e lo sviluppo dell’Iran sarebbero stati risolti esclusivamente attraverso l’adesione ai Brics.
Tuttavia, a livello regionale lo scenario è cambiato nel momento in cui la Cina, partner commerciale principale di Teheran, ha svolto nel marzo 2023 il ruolo di intermediario nella normalizzazione delle relazioni tra Iran e Arabia Saudita, interrotte dal 2016, mostrando come Teheran avesse un interesse a rafforzare la cooperazione con altre potenze come Cina e Russia. Inoltre, nel luglio 2023, l’Iran è diventato ufficialmente il nono membro permanente dell’Organizzazione di Shanghai per la cooperazione (Sco). L’accordo iniziale di adesione era stato siglato nel settembre 2021 nella capitale tagika Dushanbe, dove i leader dei paesi membri dell’organizzazione avevano concordato di modificare l’appartenenza della Repubblica islamica da membro osservatore a membro a pieno titolo, sottoscrivendo i relativi documenti. Un processo che era bloccato dal 2005, ossia da quando l’Iran aveva ottenuto lo status di osservatore. Durante il mandato del presidente Ahmadinejad (2005-2013), infatti, il governo iraniano aveva manifestato la volontà di aderire come membro effettivo nel 2008, ma il processo era stato sospeso a causa di varie sanzioni da parte delle Nazione unite. Dopo l’accordo sul nucleare iraniano del 2015, alcune sanzioni erano state rimosse, ma solo nel settembre 2022 l’Iran ha potuto finalmente firmare, in Uzbekistan, il memorandum per diventare un membro permanente della Sco. Teheran vede l’entrata nella Sco non solo come un modo per incrementare l’avvicinamento e il rafforzamento dei legami con i due partner principali, Russia e Cina, ma anche come una possibilità di espansione delle relazioni con le potenze regionali minori. La seconda parte dell’anno ha infatti rappresentato per l’Iran un periodo di apertura nelle relazioni internazionali tanto a livello regionale che globale.
Dopo l’entrata ufficiale dell’Iran nel gruppo dei Brics e nella Sco e la riapertura dell’ambasciata saudita a Teheran e di quella iraniana a Riad, è parso rafforzarsi anche il dialogo tra l’Iran e gli Stati Uniti , tanto che, nelle ultime settimane, da una parte sono stati liberati dall’Iran cinque cittadini con doppia cittadinanza, iraniana e americana, accusati di spionaggio, e, dall’altra, sono stati sbloccati sei miliardi di dollari di fondi iraniani congelati dagli Stati Uniti in Corea del Sud. Tutto questo nonostante gli Stati Uniti abbiano comunque imposto sanzioni a metà settembre a dozzine di funzionari ed entità iraniane accusati di essere coinvolti nella “repressione violenta” delle proteste antigovernative seguite alla morte di Mahsa Amini. Infine, ad ulteriore evidenza di questo fenomeno, è da notare che il supremo leader iraniano Ali Khamenei ha recentemente concesso di dialogare direttamente con gli Stati Uniti sull’accordo nucleare, mentre diverse volte in precedenza aveva dato come risposta un secco “no” ad un qualsiasi tipo di relazione diretta.
Shirin Zakeri