Il 25 marzo – quasi due mesi dopo il primo ricovero ufficiale per il Covid-19 nel paese, a Qom – il ministro della Salute iraniano, Saed Namaki, ha dichiarato che la pandemia da coronavirus che si è diffusa da questa città è stata causata dalla presenza di lavoratori e studenti che avevano avuto contatti con la Cina. Questa conferma in ritardo, è probabilmente dovuta sia all’importanza della città di Qom – “città sacra” considerata il luogo più importante per le scuole e i seminari di teologia sciita – sia per l’importanza degli scambi economici con la Cina – il primo partner commerciale dell’Iran, divenuto ancora più importante a causa del regime di sanzioni internazionali a cui è attualmente sottoposto l’Iran.
La gestione dell’emergenza sanitaria è stata segnata da ritardi che hanno causato la morte di diverse persone, contagiate sia a Qom che nel secondo focolaio iraniano, la capitale Teheran. Le autorità iraniane non sembrano aver preso le precauzioni necessarie per l’isolamento delle città colpite dall’epidemia, come dimostrato dal ritardo nella chiusura di alcuni luoghi sacri, come il santuario dell’ottavo Imam sciita Reza a Mashhad e di sua sorella Ma’sumeh a Qom. Tra l’altro questi provvedimenti sono stati resi ancora più difficili da attuare a causa dalle proteste dei gruppi di religiosi più ortodossi, contrari alla chiusura dei luoghi sacri. Questa dinamica ha favorito ulteriormente la diffusione del Covid-19 in altre città, in particolare nel nord dell’Iran, un’area dove la maggior parte degli abitanti di Teheran possiede una seconda casa, o viaggia spesso per gite naturalistiche nell’area del mar Caspio. Paradossalmente, questa tendenza è divenuta ancora più evidente a partire dal 23 febbrraio, data in cui il governo iraniano ha decretato la chiusura delle scuole, delle università e di tutte le attività culturali proprio allo scopo di limitare la diffusione del virus
La gravità della diffusione del coronavirus sia a livello nazionale che internazionale, è diventata chiara a seguito delle visite di pellegrini e funzionari governativi a Qom, che a loro volta hanno diffuso il contagio in tutto il paese, e in particolare tra l’élite, colpendo anche molti parlamentari, tra cui il viceministro della sanità Iraj Harirchi. È da notare che proprio Harirchi inizialmente aveva minimizzato l’entità dell’epidemia durante una conferenza stampa tenuta il 24 febbraio, nella quale era già parso visibilmente malato e che di fatto è diventata una prova evidente dell’incapacità del governo ad affrontare la situazione. Il giorno successivo alla conferenza stampa, infatti, egli stesso è risultato positivo al Covid-19.
Ad oggi la città di Qom e la regione del Golestan sono quelle più colpite dalla pandemia. Una delle prime manovre adottate per rispondere all’emergenza è stato il Piano nazionale dei Basij, messo in campo a partire dal 22 febbraio. I Basij sono ora impegnati in tutto paese ad affrontare la crisi della pandemia. Questa milizia volontaria, nata dopo la rivoluzione islamica del 1979 come ala paramilitare del Corpo dei guardiani della rivoluzione islamica e utilizzata per la sicurezza interna e altri compiti, è stata tra l’altro recentemente privata del suo comandante, Abdolhossein Mojaddami, ucciso il 22 gennaio a Darkhoein.
Il regime di Teheran ha ulteriormente perso legittimità agli occhi degli iraniani a seguito della tragedia dell’aereo Ucraino 752, abbattuto per errore lo scorso gennaio, presumibilmente dopo essere stato scambiato per un missile statunitense. Questo drammatico incidente è avvenuto in un momento di forti tensioni bilaterali tra Iran e USA, a seguito dell’uccisione da parte degli Stati Uniti del generale Qassem Soleimani, capo dell’élite della Forza Quds dei Guardiani della rivoluzione. In questo frangente la Forza Quds, fortemente ispirata ai principi della rivoluzione khomeinista, si è potuta riaffermare sullo scenario politico nazionale per vari motivi, non da ultimo i risultati delle recenti elezioni parlamentar, visto che la maggioranza degli eletti nel gruppo conservatore ha un background militare. Ancora più importante in questo senso è stata tuttavia la necessità di controllare la diffusione del virus. La Forza Quds ha infatti svolto vari compiti importanti, come ad esempio disinfettare le strade e i luoghi pubblici e mettere a disposizione della popolazione i prodotti di disinfestazione a titolo gratuito. Come ricordato da Namaki, questo intervento è stato apprezzato persino dall’Organizzazione mondiale della sanità.
L’Iran non è tuttavia riuscito a replicare il modello della quarantena Cinese, applicato anche da altri paesi europei come Italia e Spagna, a causa delle difficoltà economiche in cui versa, soprattutto a causa delle sanzioni imposte a partire dal 2017 dall’amministrazione americana guidata da Donald Trump. Queste sanzioni hanno colpito fortemente l’economia iraniana e sono divenute ancora più rigide e inflessibili durante la crisi della coronavirus, nonostante la richiesta di sospensione da parte del governo iraniano e anche delle Nazioni unite e di altri paesi come il Pakistan, la Cina e la Russia.
Si potrebbe osservare che forse la migliore opportunità per arginare la diffusione del virus sarebbe stata il periodo delle vacanze del Capodanno iraniano (Nowruz), iniziato il 21 marzo e proseguito per le due settimane successive. Ma non avendo preso misure di controllo efficaci in quel frangente, il governo iraniano non è poi riuscito a controllare gli spostamenti dei cittadini verso altre aeree rispetto a quella di residenza. Il 25 marzo sono state comunque annunciate sanzioni per gli spostamenti non necessari al di fuori della città di residenza.
L’inadeguata gestione della crisi del Covid-19 da parte del governo guidato da Hassan Rouhani – l’attuale presidente della Repubblica – può insomma essere imputata a vari fattori, fra cui la mancanza di trasparenza sui numeri dei malati e l’annuncio con ritardo dell’esistenza del Covid-19, un ritardo dovuto sia alla volontà di celebrare il quarantunesimo anniversario della Repubblica Islamica, l’11 febbraio scorso, sia alla necessità di svolgere le elezioni parlamentari del 20 febbraio. A ciò si può aggiungere la riluttanza a bloccare i voli e gli scambi non necessari con la Cina, principale importatore di petrolio iraniano.
Nel frattempo sono stati comunque presi alcuni provvedimenti che prevedono, tra le altre cose: il sostegno attraverso un pacchetto d’aiuti economici alle famiglie e alle persone più bisognose e colpite dall’epidemia; la sospensione della restituzione dei prestiti bancari e del pagamento delle tasse per il settore privato; il rilascio temporaneo di circa 85.000 detenuti – il 50% dei quali sono prigionieri politici – che hanno potuto beneficiare di questo “congedo” al fine di prevenire un focolaio nei centri di detenzione. Sono state inoltre costruite strutture sanitarie di emergenza in diverse città, ma l’applicazione delle misure di distanziamento sociale è finora rimasta facoltativa. Molti iraniani hanno espresso le loro critiche sul social media, decidendo anche di mettersi volontariamente in quarantena. Tuttavia, il 21 marzo scorso, il funerale di un noto comandante dei Guardiani della rivoluzione – il generale Hossein Assadollahi, morto forse proprio di Covid-19 – ha visto la partecipazione di migliaia di persone, con scarsissimo rispetto delle misure precauzionali.
I primi aiuti internazionali all’Iran sono arrivati da parte di Cina, Russia, e India. Sono stati ufficialmente proibiti eventuali aiuti da parte di Stati Uniti e Israele, considerati paesi nemici. È stata inoltre rifiutata l’assistenza di “Medici senza frontiere” per l’installazione di un ospedale da 48 posti letto nella città di Isfahan. Questo aiuto che era stato inizialmente confermato, poi non è stato accettato perché non è stata più ritenuta necessaria la costruzione di una nuova struttura sanitaria. Sempre a livello internazionale, è da notare l’utilizzo del sistema INSTEX, uno strumento finanziario per situazioni speciali che Francia, Germania e Regno Unito hanno creato per preservare e facilitare gli scambi commerciali e umanitari con l’Iran, in contrapposizione alle sanzioni statunitensi. Questo sistema è stato finalmente utilizzato 31 marzo. La prima transazione in questo quadro ha permesso l’esportazione di medicinali e altre merci dall’Europa all’Iran.
Il presidente Rouhani ha dichiarato che: “Stiamo affrontando le sanzioni, ma in questa situazione, il 20% del budget di quest’anno è stato assegnato alla lotta contro il coronavirus, che è stata una sorpresa per tutto il mondo”. Il governo iraniano ha gestito con grave negligenza la sua prima risposta all’emergenza sanitaria e questa situazione di inadeguatezza sembra continuare ancora oggi, tanto che il 5 Aprile – a più di due mesi dal primo contagio – Alireza Zali, che dirige le operazioni di gestione per contenere la pandemia, ha dichiarato che il numero di pazienti ospedalizzati a Teheran è in aumento. Secondo le ultime previsioni, le scuole e l’università rimarranno chiuse per un altro mese. Verrnno applicate in tutto il paese misure di distanziamento sociale nel settore lavorativo. Ad oggi – 14 Aprile – i malati infettati risultano essere 73.303 e i deceduti 4.585. Tuttavia l’Iran sembra ancora non aver raggiunto il picco dei contagi. La situazione potrebbe quindi peggiorare con il ritorno delle persone nelle strade e sui luoghi di lavoro, soprattutto dopo le festività del Nowruz.
Shirin Zakeri
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